I campi di concentramento in Cina nel 2020: una triste e nascosta realtà

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Per noi che viviamo nell’Occidente i Campi di concentramento sono solo un triste ricordo dello scorso secolo, un errore e un genocidio da cui dover solo imparare ad eliminare del tutto l’odio e il razzismo. In Cina, però, nella regione dello Xinjiang è una realtà con cui fin troppe persone, uomini, donne e bambini, devono fare ancora i conti nel 2020. E a parlarne e cercare di salvare quella gente sono troppe poche persone.

Lo scorso anno ne hanno parlato i giornali più importanti, dalla BBC al New York Times, ma sembra che questo non sia servito a nulla, perché ancora oggi i musulmani e tutte le persone detenute in quelli che i cinesi chiamano “campi di trasformazione attraverso l’educazione”, subiscono violenze e abusi, nessuno escluso.

Il New York Times, però, è riuscito a ottenere più di 400 pagine di documenti segreti del governo cinese che dimostrano come il regime comunista stia reprimendo, uccidendo e torturando le minoranze musulmane nella regione occidentale dello Xinjiang, tra cui e soprattutto la provincia degli Uiguri, una minoranza musulmana che parla una lingua di origine turca.

Di queste 400 pagine, 96 sarebbero dedicate al presidente, 102 ad altri leader, più di 150 sono direttive e rapporti della sorveglianza nello Xinjiang, mentre 44 sono di indagini interne su persone locali. Infine, vi è una guida su come trattare gli studenti uiguri che quando tornavano a casa nella propria regione non trovavano più i propri genitori, con risposte precise alle ipotetiche domande dei ragazzi, con una grande minaccia finale.

Secondo l’organizzazione Chinese Human Rights Defenders nello Xinjiang si attua il 20% degli arresti di tutto il paese (ricordiamo, tra l’altro, che in Cina è legale la pena di morte ma che Amnesty International non ha i dati ufficiali poiché il paese si rifiuta di consegnarli). In questa regione i cittadini, che non sono mai stati visti di buon occhio sin dall’epoca di Mao Zedong, sono giornalmente sottoposti a controlli da parte della polizia, a riconoscimenti facciali e intercettazioni telefoniche.

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Fonte: notizie geopolitiche

Ma la parte più sconvolgente di tutta questa situazione che già è allarmante è quella dell’esistenza di veri e propri campi di concentramento, grazie a un video pubblicato lo scorso anno dove si vedono centinaia di persone legate e bendate come se non fossero degli esseri umani, in attesa di essere caricati su un treno della polizia. Non vi ricorda qualcosa?

La Cina però ha continuato a spacciare questi campi come campi di rieducazione e i cittadini cinesi stessi sono convinti di ciò. Ma dalle testimonianze postate dal New York Times dimostrano la somiglianza con i campi di concentramento nazisti, dove gli ebrei e l’opposizione politica veniva completamente deumanizzata e distrutta non solo fisicamente ma anche psicologicamente.

I campi di concentramento cinesi

Sembrano, dalle testimonianze, dei veri e propri campi di concentramento, sebbene persino Hu Lianhe, rappresentante dell’agenzia che ha il compito di sorvegliare le questioni etniche e religiose cinesi e che quindi dovrebbe controllare questa situazione, ha negato all’ONU l’esistenza di questi campi dell’orrore, definendoli come «centri di istruzione vocazionale e di addestramento al lavoro», non chiamandoli neanche più «centri rieducativi». Tuttavia ha tenuto nascosto il numero dei partecipanti ai campi.

Ci sono diverse prove (i 400 documenti del New York Times) e testimonianze su quello che avviene in quei campi di concentramento, ma nessuno riesce a fare nulla per salvare quelle persone. Pechino continua ad affermare che sono solo dicerie, che non vi è alcuna violazione di diritti umani nello Xinjiang, addirittura che questi campi sono volontari e hanno il solo compito di rieducare, di diminuire la povertà e lottare contro il terrorismo.

Le immagini satellitari dell’Australian Strategic Policy Institute avrebbe individuato per 380 campi di concentramento nello Xinjiang, sebbene la Cina avesse confermato che questo sistema di rieducazione fosse ormai quasi concluso. Molte di queste prigioni si trovano in fabbriche e questo ha fatto pensare che le vittime non siano solo torturate ma anche costrette ai lavori forzati.

Secondo l’ASP, questi lavori forzati coinvolgerebbero anche dei bran internazionali e molto popolari come l’Apple, la Nike, la Samsung e la BMW, che hanno chiaramente negato tutto. L’azienda di Steve Jobs ha confermato che tutti gli impiegati sono rispettati, mentre la Volkswagen ha affermato che delle 83 aziende citate dall’associazione nessuna di quelle è fornitrice della casa automobilistica tedesca.

Un altro dato interessante è uno che risale lo scorso anno su Tiktok, un social cinese: una ragazzina americana finse un tutorial per allungare le ciglia e nel frattempo avrebbe parlato della situazione dei campi di concentramento cinesi, questo le è costato l’eliminazione del video, o meglio la censura.

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Fonte: corriere

Le testimonianze

Una delle testimonianze è quella di Abdusalam Muhemet, intervistato dal New York Times, 41enne che è stato rinchiuso in quei campi per aver recitato un verso del Corano durante un funerale, insomma un vero e proprio terrorista. Quello che racconta l’uomo è che ogni mattina era portato nel cortile con gli altri detenuti, incitati da schiaffi e spinte.

Una volta giunti, venivano costretti a cantare dei canti nazionalisti cinesi, chi non ricordava le parole non poteva mangiare. Venivano poi costretti a seguire delle lezioni in cui dei funzionari li costringevano a rinnegare il radicalismo islamico e l’indipendentismo uiguro.

Gli veniva poi spiegato come essere musulmani, ovvero pregando solo in casa quando si era soli. «Quello non era un posto per liberarsi dell’estremismo. Quello era un posto che genererà sentimenti vendicativi e cancellerà l’identità uigura», ha affermato l’uomo che è stato per due mesi nel campo fuori Hotan, senza essere mai accusato di nulla.

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Fonte: agenzia comunica

Altre vittime raccontano al Washington Post come venissero torturati, dal waterboarding alla “panca della tigre”, ovvero una panca dolorosa su cui le persone erano costrette a sedersi per ottenere informazioni. Ma neanche le donne sono esonerate da questi campi di concentramento. Una donna racconta di come fosse stata detenuta in questi campi solo per aver indossato un velo e aver letto dei libri di religione e la storia uigura.

Ma prima di essere portata nel campo, la polizia aveva installato delle telecamere fuori dalla sua porta di casa e persino nel salotto dove la donna viveva insieme alla sua famiglia. Ogni settimana, poi, un funzionario la interrogava. Una volta scarcerata ha lasciato la Cine e ha contattato la sua famiglia che le ha detto di non chiamarli più perché erano nei guai.

Le donne nei campi di concentramento

Se pensate di aver letto il peggio, quello a cui sono sottoposte le donne vi farà rabbrividire. Spesso vengono catturate e imprigionate solo per punire gli uomini della famiglia, divenendo quindi solo un corpo, solo un messaggio. La donna viene stuprata e costretta poi ad abortire solo per punire il proprio marito.

Una volta nei campi di concentramento le donne vengono isolate sia dai mariti che dai propri figli. Sayragul Sauytbay, una donna che è stata nei campi, racconta con tanto orrore quello che succede nei campi:

«Venivamo punite per tutto, perché non parlavamo bene cinese, perché non cantavamo quando volevo loro, due donne sono state punite perché si sono abbracciateLe punizioni andavano dal toglierci il cibo, allo strapparci le unghie o peggio.

Una giovane ragazza una volta è stata costretta a confessare i suoi peccati davanti a 200 prigionieri e poi punita con unostupro di gruppo da parte dei poliziotti davanti a tutti. Durante lo stupro le prigioniere dovevano guardare: quelle che giravano la testa o chiudevano gli occhi venivano portate via e non le abbiamo più riviste.»

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Fonte: amnesty international

Altre prigioniere venivano costrette a ingerire delle pillole che alteravano il loro umore, bloccavano le mestruazioni e, se durante gli stupri restavano incinta, venivano costrette ad abortire.

In Cina non sono solo le donne musulmane a soffrire, però, perché nella potente Cina la donna è vista ancora come se fossimo all’inizio dello scorso secolo: la donna deve sposarsi, la donna deve occuparsi della famiglia, la donna non può essere indipendente. Tutte le donne single dopo i 27 anni vengono considerate come donne-avanzo, un termine ancora più offensivo del nostro zitella.

Eppure, nessuno riesce a fare nulla per bloccare quest’Olocausto del 2020, per salvare quelle vite. Intanto, esiste una petizione che potete firmare, per provare a far qualcosa.

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