La stupra fino alle 7 del mattino ma riesce a ottenere uno sconto di pena

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Siamo nel 2020 e ci dicono più volte che «il femminismo non serve», «ormai avete più diritti degli uomini», ma puoi dirlo davvero nel momento in cui una donna viene stuprata e minacciata di morte dal proprio compagno e viene ritenuta colpevole lei stessa per essere «disinibita»?

«Lui mite, lei disinvolta», leggiamo sui diversi articoli che hanno parlato della vicenda. Mite, è stato definito lo stupratore dai giudici. Esasperato dalla condotta troppo disinvolta della donna, affermano, dopo che la povera donna ha subito minacce di morte, un coltello al viso, pugni, violenza fisica e sessuale.

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Fonte: dailymail

Quindi, secondo questi giudici, se una persona si arrabbia perché viene istigata e uccide chi lo istiga, l’omicidio e la violenza sono leciti? Le school shooting in America giustificate dal bullismo che subivano gli shooter e in cui perdono la vita degli adolescenti, non meritano la pena più severa?

A quanto pare, la donna disinvolta non ha il diritto di vedere l’uomo che l’ha minacciata e stuprata persino mentre sua figlia poteva sentire (perché è stata proprio la figlia ad allertare la polizia), avere una pena appropriata per i suoi crimini.

L’antefatto prima della pena scontata

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Fonte: freepik

Lo stupro di Vimercate (Monza) è un crimine di cui si è tanto parlato non appena è stato commesso, ovvero nella notte dell’8 giugno 2019. Un 63enne fu condannato a una pena di 5 anni con rito abbreviato, dopo aver maltrattato, sequestrato e stuprato la sua compagna per una notte intera.

L’incubo per la donna, 43enne, era iniziato poco prima della mezzanotte di quel giorno, quando l’uomo ha cominciato a urlarle contro, accusandola di tradimento con uomini conosciuti su Facebook. La minaccia di morte, puntandole un coltello contro il viso, la priva dello smartphone tramite cui avrebbe potuto allertare qualcuno, la picchia con un tavolino di legno e con dei pugni e schiaffi sul viso. Le dà colpi alla schiena «così forti da farle mancare il fiato», per poi gettarla sul letto afferrandola per i capelli e dicendole: «di qui non esci viva». E, in quel momento, inizia lo stupro.

Il tutto mentre lei lo implorava di fermarsi. All’arrivo delle forse dell’ordine il giorno dopo, la vittima era in un evidente stato di choc. Il suo corpo era pieno di lividi ed ecchimosi e, una volta portata al pronto soccorso, è stata confermata la violenza sessuale e anche una frattura al palato.

Tuttavia, a poco più di un anno dall’incubo, la donna non ha ancora pace, poiché i giudici della Corte di Appello di Milano hanno stabilito che anche lei aveva le sue colpe.

Lo sconto della pena

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Fonte: freepik

La Corte di Appello ha stabilito che sessanta mesi di detenzione fossero eccessivi per un uomo che era esasperato dall’atteggiamento della donna troppo disinvolto, riducendo quindi la pena di ben otto mesi. «Contesto familiare degradato e caratterizzato da anomalie quali le relazioni della donna con altri uomini», si legge dal verdetto riportato dal Corriere della Sera.

La difesa, invece, come riporta il Corsera, ha presentato l’imputato come un «soggetto mite e forse esasperato dalla condotta troppo disinvolta della convivente, che aveva passivamente subìto sino a quel momento […] Se certo non attenua la responsabilità è tuttavia indice di una più scarsa intensità del dolo, e della condizione di degrado in cui viveva la coppia».

Per queste ragioni, la Corte ha scelto di attenuare la pena, perché la situazione era degradata e quindi è giustificato che l’uomo abbia perso la pazienza fino a minacciare di morte la donne, stuprandola per una notte intera.

Reazioni sul web

Sui vari social gli utenti si sono indignati per questa notizia. Twitter, come al solito, è il sito dove le persone esprimono più la propria opinione sulle vicende di attualità, e anche questa volta non ha deluso.

Franci cerca di empatizzare con la donna che è la vera vittima della vicinda ma che si ritrova a essere una parte della colpa. Perché, molto spesso, le donne tendono a darsi delle colpe (e gliene vengono date da altri) per quello che avviene. «Forse la mia gonna era troppo corta, forse non avrei dovuto sorridere, forse avevo una scollatura eccessiva» e, anche in questo caso, la colpa è delle donna.

Susy invece fa riferimento alla rivolta femminista delle minigonne di Roma, dove una vicepreside ha chiesto alle minorenni di non indossare la minigonna per non far cadere l’occhio ai professori. Nello stesso giorno, lo Stato ha colpevolizzato la donna vittima di stupro di avere una colpa nel suo stupro. In qualsiasi caso, sembra che siano le donne a dover fare qualcosa per non istigare in qualsiasi modo gli uomini che a quanto pare sono degli animali incapaci di controllare i propri istinti.

Stefano invece fa riferimento al delitto d’onore, ovvero un delitto che ha una motivazione dietro e quindi giustifica l’assassino o lo stupratore perché stava solo salvaguardando il suo onore (ma solo se era l’uomo a punire la donna). Tuttavia, il delitto d’onore non dovrebbe esistere più almeno dal 1981.

Non per tutti, a quanto pare.

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